Archivio mensile:Ottobre 2011

Mille giorni di te e di me – Analisi musicale

Analisi musicale di Mille giorni di te e di me, tratta dalla presentazione del mio libro su Oltre ad All for Music, Bologna, 18 giugno 2011.

Mille giorni di te e di me comincia con una melodia cullante [ascolto dell’introduzione con il pianoforte]. Questa parte che avete sentito, questa introduzione, è un movimento melodico altalenante. Se voi vedete lo spartito che ho messo qua c’è la melodia che dalla prima nota scende giù, poi sale su, scende giù… insomma, come a voler cullare l’orecchio dell’ascoltatore. Quindi già l’introduzione porta in questo ambito molto dolce.

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Anche qui a proposito di questa canzone c’è un aneddoto particolare, cioè il fatto che Pasquale Minieri [che ha prodotto “Oltre” insieme a Claudio Baglioni] – ancora lui – mi ha raccontato che questa canzone in realtà doveva far parte dell’album La vita è adesso del 1985. Infatti Minieri mi raccontava che nell’86, durante le prove di un concerto, Claudio gli disse: “Guarda, abbiamo fatto una versione orchestrale di questa canzone [che poi è diventata Mille giorni di te e di me], però adesso te la faccio sentire al piano”. E Minieri rispose: “Ma perché vuoi mettere l’orchestra? È bellissima così al pianoforte!”. Però Minieri diceva che questa versione che lui aveva sentito nell’86 era diversa da quella che era stata poi pubblicata nel ’90, e mi ha raccontato anche in che modo Baglioni compone le canzoni. Uno pensa: “Beh, oggi mi metto, scrivo una canzone, continuo a scrivere la canzone fino a quando non la finisco, poi ne comincio un’altra…”. No. Baglioni – mi ha detto Minieri – scrive delle cose cortissime di venti/trenta secondi, dei pezzi musicali di venti/trenta secondi. Comincia dalla musica, e le parole vengono veramente alla fine. Quindi lui fa venti/trenta secondi da una parte, venti/trenta secondi dall’altra… e Baglioni ha composto – mi diceva in questa intervista – tantissime di queste piccole cose. Vi leggo questo passo del libro, con le mie domande e le sue risposte.

Nella prima anticipazione su quello che sarebbe poi diventato Oltre, Baglioni rivelava a Topolino (luglio 1988) che il titolo del suo album successivo sarebbe stato A presto. C’era per caso una canzone intitolata così, tra le tante che erano state registrate? Perché questo titolo, all’epoca?

«Ti devo spiegare un po’ tutta la storia, perché così si capisce il perché di quel titolo. Allora, in pratica c’è tutta una procedura molto complicata per lavorare con Claudio. In una primissima fase lui mi portò a sentire – poi stavamo insieme ad Ansedonia in una casa – solo la parte musicale, ma scriveva tutte cose cortissime, di venti secondi. Ma tipo… fai conto… centoventi, centocinquanta al pianoforte, e un altro centinaio alla chitarra. Brevissime cose musicali di venti secondi, massimo trenta. Dopo, cominciammo a scegliere, fra tutti questi pezzi, quelli che ci piacevano, e a dargli una definizione nelle varie strutture della canzone. Cioè: questo brano di trenta secondi è bello come strofa, questo come inciso, questo come ponte. Tra l’altro in quella fase, al di là del lavoro, ho imparato molto: eravamo in due. Dopodichè provavamo a montare tutti questi pezzi in tutti i modi, fino ad arrivare alla fase dei pezzi finiti, che poi erano molto più di venti (poi ne verranno scelti venti). La fase del testo, per il suo modo di lavorare, arrivava proprio alla fine e, una volta che tutto il disco musicalmente era finito, lui per ben tre volte scrisse tutti i testi: non gli piacevano e li buttò, e li riscrisse daccapo».

Per tre volte?! Tutti?!

«Tutti. Per cui, A presto può essere una qualunque di queste fasi, ma sicuramente è in quelle canzoni che poi lui ha buttato – nei testi che ha buttato – perché poi riscrisse tutto, e alla fine scrisse Oltre».

Quindi il problema era fondamentalmente nei testi.

«Sì, noi siamo stati l’ultimo anno, in pratica, completamente fermi ad aspettare che lui finisse i testi: li ha riscritti tutti completamente daccapo».

Quindi, dicevo, Mille giorni di te e di me alla fine ha subito lo stesso processo, praticamente, perché era stata scritta moltissimo tempo prima, rifatta e aggiustata in diversi modi prima di diventare quella che noi conosciamo.

In questa canzone non c’è un ritornello vero e proprio. Per ritornello si intende una cosa che appunto ritorna, in cui musica e testo ritornano assolutamente uguali. Invece, nelle canzoni di quest’album questa cosa accade molto raramente ma, in particolare, in Mille giorni di te e di me lui utilizza un’altra tecnica per catturare l’attenzione dell’ascoltatore [segue ascolto di una parte della canzone]. Questo potrebbe sembrare un ritornello, ma in realtà non è un ritornello, perché il testo poi cambia. Sì, è una parte importante, però non è questa la vera… Di solito il ritornello è la parte più importante della canzone, quella che colpisce l’ascoltatore e cattura l’attenzione, ma non è il ritornello – in realtà – la tecnica che utilizza. Lui ne utilizza un’altra che è molto più sofisticata: adesso quando ci arriviamo ve la faccio sentire [il brano, intanto, continua a suonare]. Arriva questa parte, sta crescendo pian piano… ma non è questa. È bellissima: potrebbe sembrare la parte principale, ma in realtà non è questa. Sale, sta cominciando ad acquistare tensione… [il brano a questo punto raggiunge il punto in cui il testo dice: “Se c’è stato per davvero / quell’attimo di eterno che non c’è]. QUESTO è il momento cruciale della canzone! Lui ci ha fatto aspettare un sacco di tempo per dirci il titolo! È il titolo il momento cruciale, più importante di tutto quanto. E che cosa succede? Qua succedono un mucchio di cose! Questo è il clou, il momento topico, perché intanto adesso arriva il titolo, “Mille giorni di te e di me”, che dice soltanto in questo punto della canzone. In tutto il resto della canzone lui non dice “Mille giorni di te e di me”, lo dice soltanto in questo punto che adesso stiamo per sentire. Però, prima di dire “Mille giorni di te e di me”, che cosa fa? C’è lo stop. Punto di drammaturgia musicale: questo qui è il colpo di scena, la fine. Ci sono tutti gli strumenti che si fermano: “Quell’attimo di eterno che non c’è”… stop! E lui dice: “Mille giorni di te e di me”, e c’è soltanto la voce. Tutti gli strumenti si fermano, e ripartono dopo. Succede di tutto, in questo momento. Si ferma tutto, e il fatto di fermare tutti gli strumenti e di dire “Mille giorni di te e di me” fa percepire che quel momento lì è importante, perché non c’è più niente: c’è soltanto la sua voce. E subito dopo ritornano tutti gli strumenti, come ad esagerare, ad amplificare l’impatto [segue ascolto di questo punto della canzone]. Punto fermo… nota lunga… questo, è! Un cambio di tonalità… qui la voce va su… è difficilissima da cantare, non ce la fa nessuno, nemmeno lui adesso: la fa cantare al pubblico.

E quindi il momento cruciale è quello lì. Questo è un capolavoro di canzone, non solo perché è una canzone romantica ecc, ma anche per queste tecniche di composizione. Uno magari non ci pensa, però… In realtà, però, è una canzone drammatica, perché parla di un amore che è finito, infatti lui in alcune versioni dal vivo aggiunge nel finale questa parte che diventa molto aggressiva. Perché? Perché parla di una storia d’amore che finisce. Quindi, ecco che qua torna il tema del dolore, che è centrale nel disco. Il tema del dolore è la chiave di lettura di tutto il disco. Ci sono altre canzoni [che trattano questo tema] – naturalmente non c’è modo di vederle tutte – però anche questa canzone, una canzone d’amore, parla di un amore doloroso, però.