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Questa canzone prende spunto dal mestiere stesso di Baglioni e di tutti quelli che come lui hanno come referente un pubblico, verso il quale proporsi con il desiderio di suscitare stupore e meraviglia.
Intro : L’introduzione strumentale in Do♯ minore anticipa musicalmente il ritornello, da cui prende le prime battute: grande impatto iniziale, con accordi di tastiera e un incalzante sostegno della ritmica.
A : Quando la voce fa il suo ingresso, mette subito a fuoco l’argomento della canzone con queste parole: “Volevo essere un grande mago / incantare le ragazze ed i serpenti”[1]. Insomma: viene subito evidenziata la voglia di incantare qualcuno, e di farlo attraverso la magia, ma nei versi immediatamente successivi Baglioni cita altre arti un po’ circensi che hanno tutte lo scopo di suscitare la meraviglia di un pubblico. Nel richiamare queste attività da saltimbanco si fa ricorso spesso al gusto del paradosso, come nel caso del “trovatore perso”, o dell’“equilibrista squilibrato”, che destano curiosità e stupore di per sé, senza la necessità di dover aggiungere altro. Questa prima parte della canzone è piuttosto lunga, e probabilmente è proprio questa la ragione per cui è stata suddivisa in tre parti più brevi, che possono essere chiamate A1, A2 e A3, ognuna di otto battute, e che insieme costituiscono la parte A, la cui durata è appunto di ventiquattro battute in tutto. C’è una simmetria, musicalmente, tra queste parti. Pur avendo la stessa melodia (quasi parlata, con molte note ribattute), questa viene proposta ogni volta a partire da una nota diversa, secondo una progressione melodica che la ripropone prima a partire da Do♯3 poi da Mi3 e infine da Sol♯3, ovvero dalle tre note che, insieme, compongono l’accordo di Do♯ minore, che è anche quello che dà la tonalità al brano. Questa progressione della melodia, riproposta di volta in volta a partire da una nota più acuta, facilita il passaggio alla sezione successiva, che melodicamente si sposta ancora più su.
B – B : Infatti, la melodia della sezione B si sposta su, in un registro più acuto, ma stavolta invece che avere una progressione verso l’alto, ha una progressione verso il basso. Le semifrasi melodiche, infatti, si susseguono ad intervalli man mano discendenti, e così la prima (quella in corrispondenza del testo “E stupire tutti quelli”), che ha come nota iniziale il Mi4, si ripete subito dopo in modo identico, ma a partire da una terza minore sotto, in Do♯4. Le altre due semifrasi melodiche, similmente, scendono prima di terza maggiore (La3) e poi addirittura di ottava (La2), come si vede dallo spartito qua sotto, su cui sono evidenziate le note cardine di cui si è appena detto:
Occorre anche notare che, contemporaneamente, l’esempio appena illustrato costituisce una progressione discendente per grado congiunto. Questo andamento discendente è dovuto al fatto che ora il testo specifica quali sono, in particolare, le persone che l’artista/saltimbanco/incantatore vorrebbe stupire (oltre alle ragazze…) con le sue arti: sono le persone più sfortunate, quelle che hanno una tristezza nel cuore o sono in qualche modo emarginate per via di una presunta stranezza. È a queste persone che l’artista vorrebbe regalare un momento di stupore, e Baglioni lo dice nella prima esposizione di B. Quando invece B viene ripetuta, Baglioni passa dal dolore degli altri a un dolore che lo riguarda da vicino: quello di aver lasciato un figlio a casa, che lo ha guardato partire da dietro la finestra, con il rammarico – evidentemente – di non essergli potuto stare più vicino.
C – CI : Nel ritornello c’è l’invito esplicito ad assistere allo spettacolo, promettendo magie e usando una formula tipica, e un po’ desueta, del mondo circense : “Accorrete pubblico…”. Musicalmente si può avvertire che c’è una certa solennità, nel sostenere questo invito; solennità che è data dalle note più lunghe usate sul battere, a scandire la parola pub-bli-co.
Ripetizione di A – B – B – CII – CI : A questo punto la struttura osservata fino ad ora si ripete: il testo mantiene gli stessi argomenti usando ovviamente immagini diverse, ma ad ogni modo c’è un perfetto parallelismo con quanto visto fino ad ora. Ad esempio ora, invece del mago che vuole incantare le ragazze ed i serpenti, all’inizio di A il testo canta: “Volevo diventare un pifferaio / stregare il mondo e ogni sua creatura”. L’immagine è diversa, ma il concetto è quello. Allo stesso modo, in B, invece del figlio lasciato solo a casa c’è la madre che stava male, verso cui c’è la stessa sensazione d’inadeguatezza. In CII, invece, compare il nome di un personaggio – Cucaio – che non è altro che il modo in cui Baglioni pronunciava da piccolo il suo stesso nome. Se si pensa a come il senso dello stupore e dell’incanto sia tipico dell’età infantile, si capirà immediatamente il perché venga nominato Cucaio proprio in questo brano, che di incanto e meraviglia parla.
D : A concludere la canzone c’è una nuova sezione che ha un piglio riflessivo, sottolineata da un basso cromatico che dal Sol♯ scende fino al Re♯. Qui ritornano le sofferenze a cui la canzone accennava precedentemente: sarebbe bello se agli artisti fosse concesso di alleviare ogni male, ma purtroppo – come del resto già anticipato nel racconto dei propri dolori personali – non è possibile, e l’acqua dalla luna è posta a metafora di questa impossibilità (ma, ironia della sorte, una ricerca scientifica di pochi anni dopo accerterà proprio la presenza di acqua sulla luna). Il brano finisce con una cadenza sospesa, che lascia il discorso aperto proprio lì dove il testo parla di qualcosa di irrealizzabile (e dunque sospeso). Lo stretto legame tra testo e musica è evidente anche nell’ultima parola della canzone: “luna”. Le due note su cui questa parola viene intonata hanno un andamento ascendente, in direzione della luna, su nel cielo.
[1] In diverse occasioni, Baglioni ha raccontato di aver cominciato a suonare proprio per rendersi visibile agli occhi delle ragazze.
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- Prefazione di Roberta Massaro (ClaudioBaglioni.net)
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