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«Mi è venuta in mente una stupidata che ho fatto per un giorno intero. Ero andato a scrivere delle canzoni al mare, però il mare… “guarda ‘o mare quant’è bello”… e infatti uno guarda il mare, ma poi non fa niente […]. Insomma, un giorno io ho passato due ore e un quarto, forse anche di più, a cantare da solo con la chitarra, in un momento veramente disperato: “Sono solo sotto il sol, e so solo un solo in sol”. È una cosa che mi ha portato dei benefici, perché nessuno mi vedeva; però mi ha dato molta fiducia. Credo che valga comunque la pena di raccontare queste cose, perché se uno dice: “Stavo male, piangevo, ecc.”, non ci crede nessuno, ma se uno dice una cosa così, tutti capiscono che stavi male»[1]. Questo episodio raccontato da Claudio Baglioni due giorni prima dell’uscita di Oltre mostra lo sconforto di certi momenti, ma allo stesso tempo offre l’interessante opportunità di osservare come una semplice idea nata da un gioco di parole possa poi trasformarsi in qualcosa di più complesso come una canzone. Claudio Baglioni, infatti, inserirà quel tormentone nato sotto il solleone in una sua canzone pubblicata tredici anni dopo, nell’album Sono io (2003). La canzone in questione è Serenata in sol, il cui ritornello recita appunto: “Sono solo sotto il sol / e so solo un solo in sol”. Il racconto di Baglioni è interessante perché mostra come il materiale composto nel periodo di Oltre sia stato usato anche per molti anni a seguire.
In particolare, è lecito pensare che siano soprattutto gli album Io sono qui (1995) e Viaggiatore sulla coda del tempo (1999) ad aver accolto la maggior parte delle canzoni escluse da Oltre. Sarà lo stesso Baglioni, presentando alla stampa e al pubblico Viaggiatore sulla coda del tempo, a lasciare intendere ciò, dicendo che quel disco conclude una trilogia iniziata con Oltre (il disco della memoria, rivolto al passato), proseguita con Io sono qui (rivolto al presente) e terminata appunto con Viaggiatore sulla coda del tempo (il disco dello sguardo al futuro). Se c’è dunque un filo conduttore a legare i tre album, si può pensare che sia non solo nell’organizzazione tematico-temporale degli album, ma anche nel corpus stesso delle canzoni, composto prevalentemente sin dai tempi di Oltre e adattato nel corso degli anni alle esigenze dei singoli album. Questo modo di lavorare era stato messo in luce anche da Pasquale Minieri, quando nel corso dell’intervista ricordava come Mille giorni di te e di me fosse stata composta già dai tempi de La vita è adesso, per poi essere pubblicata anni dopo in Oltre, con le opportune modifiche. È lo stesso Baglioni ad affermare che tutto ciò che compone viene utilizzato sempre e comunque, senza “sprechi”, e proprio a proposito delle canzoni composte per Oltre, rivela: «Noi abbiamo cominciato a lavorare su 35 o 36 canzoni, ma questa è anche una forma di disperazione nel senso che, siccome non si è mai convinti fino in fondo, allora uno comincia e fa un bel minestrone – enorme – di tutto quello che ha in mente: perché non si butta via niente, come il maiale. Si tiene tutto; qualsiasi cosa deve essere salvata, che non si sa mai, eh!? […] Io non ero partito con l’idea di fare un doppio album, anche perché può sembrare un’operazione un po’ pretenziosa, molto allargata (e qualcuno probabilmente sarà tentato di pensarlo e di scriverlo), però ad un certo punto c’erano almeno venti canzoni che avevano diritto, dignità di essere accolte all’interno di questo album, e credo che qua e là io ho anche qualche lacrima dietro, perché mi sembra di averne lasciata qualcun’altra… Ma, insomma, queste… non si sa mai!»[2].
Dopo queste parole di Baglioni sembra dunque ragionevole pensare che le canzoni della trilogia siano composte in gran parte da canzoni scritte proprio nel periodo di Oltre. Come ultima argomentazione a sostegno di questa tesi, si può notare anche uno stesso riferimento culturale usato sia in Oltre che in una canzone pubblicata in seguito. Analizzando Pace, infatti, si è evidenziato il riferimento continuo alle teorie di Friedrich Nietzsche, ma la predilezione di Claudio Baglioni per il pensiero del filosofo tedesco non è limitata a questo brano, visto che in un’altra canzone Baglioni riprende un aforisma di Nietzsche che recita: “Quanto più ci innalziamo, tanto più piccoli sembriamo a quelli che non possono volare”. Questo concetto, nelle parole di Baglioni diventa: “Più su vai e più sarai piccolo / per chi non sta in alto”, e la canzone in questione è Sì io sarò, contenuta nell’album Viaggiatore sulla coda del tempo.
Sembra proprio che i legami tra gli album della trilogia siano molto stretti, al punto da far pensare ad una contemporaneità nella composizione di molte canzoni pubblicate in periodi diversi. Sarebbe interessante fare un confronto più approfondito tra le canzoni dei tre album, osservare più dettagliatamente quali sono le fasi che portano da un’idea vaga alla canzone completa, e insomma dare una sbirciata alla “bottega dell’artista”.
Ma questa è un’altra storia, e bisognerà raccontarla un’altra volta.
[1] Dichiarazione di Claudio Baglioni, ospite alla puntata speciale del Maurizio Costanzo Show del 15 novembre 1990.
[2] Dichiarazione di Claudio Baglioni, ospite alla puntata speciale del Maurizio Costanzo Show del 15 novembre 1990.
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- Prefazione di Roberta Massaro (ClaudioBaglioni.net)
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