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La canzone che apre l’album comincia presentando all’ascoltatore la registrazione ambientale di un uomo in corsa, con il suo respiro affaticato[1] e i suoi passi regolari sull’erba.
Intro : Un sospiro e, dopo l’energico lancio di batteria, l’introduzione strumentale accenna quello che sarà il ritornello, con un arrangiamento dal piglio energico e quasi rock, che bene esprime musicalmente la tensione della corsa. La melodia suonata dalla tastiera anticipa quella della sezione C, ed è caratterizzata da alcune sincopi che, modificando l’accentuazione metrica, contribuiscono a comunicare l’idea dell’affanno. L’introduzione termina con una cadenza sospesa, e dunque con un accordo di Re in tonalità di Sol maggiore, invece della tonica.
A – AI : La corsa è al centro dell’attenzione anche nelle prime due strofe, ed è una evidente metafora esistenzialista della faticosa ricerca di sé, del proprio io più vero. È interessante osservare il modo in cui Baglioni descrive questa corsa: in terza persona (come se fosse una cosa che riguarda l’umanità in generale) e in tempo presente, ma soprattutto ciò che colpisce è che sembra essere una corsa meccanica. Infatti le varie parti del corpo coinvolte nello sforzo della corsa (polmoni, gomiti, piedi) vengono di volta in volta accostate ad elementi meccanici (aria di metallo, treno, martelli). Come se il mettersi in moto, seguendo un percorso tutto interiore, corrispondesse proprio ad un mettersi in moto fisico, e addirittura meccanico.
B – BI : In questa sezione Baglioni ricorda episodi della sua vita attraverso elementi autobiografici, e conseguentemente la narrazione si svolge ora in prima persona, utilizzando il passato remoto, come se si trattasse di un flashback. Musicalmente il tutto viene sorretto da una progressione[2], che ha la funzione di cominciare a far crescere la tensione, che aumenta anche grazie alla maggiore velocità della melodia – quasi tutta in crome – e al fatto che proprio in questa sezione la melodia raggiunge il suo picco più alto (in corrispondenza di “guardarla mai”, prima, e “Brigante di Strada”, poi). La tensione verrà mantenuta anche nella sezione C, prima di sfociare finalmente nel ritornello.
C : Finito il momento del flashback si ritorna al presente, e il titolo compare ora per la prima volta anche se questo non è ancora il punto più lirico della canzone, che arriverà subito dopo. Per il momento, Baglioni sviluppa la tensione creata fino a questo momento, e “prende la rincorsa” (sia a livello di testo che di musica) per il ritornello immediatamente successivo. A questo punto vale la pena notare una raffinatezza in corrispondenza del testo “che mi grida o la corsa o la vita”: qui l’dea di corsa (o meglio ancora di rincorsa – verso il ritornello in questo caso) è sottolineata efficacemente da una serie di terzine, immediatamente seguite da una salita melodica di due note (Do – Re) che porta dritta dritta al ritornello. Si tratta di un espediente ingegnoso per lanciare al meglio la parte principale della canzone. In corrispondenza delle terzine c’è anche un momentaneo passaggio alla tonalità di Do maggiore, che s’inserisce solo per un paio di battute a mutare la tonalità di Sol maggiore su cui è ancorato il pezzo.
D – DI : Finalmente, ecco il ritornello, che è uno slancio verso la libertà, verso un cammino o un viaggio da intraprendere. La voce interpreta benissimo questa idea spiegandosi su un picco melodico (corrispondente al titolo della canzone) che è il momento più lirico della canzone.
Strumentale, e ripetizione di A – AI – B – BI – C – D – DII : A questo punto una sezione strumentale fa da intermezzo prima della ripresa, che avviene con la ripetizione della stessa struttura osservata fino ad ora. La cosa interessante da notare è che la struttura, nel ripetersi, ripropone esattamente gli stessi contenuti pur utilizzando immagini diverse. Compare dunque nuovamente la corsa meccanica, ma questa volta si manifesta attraverso i polpacci e le vertebre, accostati rispettivamente a ruote di mulino e cingoli di trattore. Allo stesso modo si ripresentano gli elementi autobiografici, che però sono diversi da quelli esposti precedentemente.
E : Dopo la seconda esposizione del ritornello c’è una nuova parte musicale, nel cui testo compare l’amore, che ha una connotazione dolorosa. Questa sezione, richiamando l’amore, fa intravedere qualcosa al di là dell’io su cui si era appoggiato tutto il discorso fino a questo momento. Infatti, anche dal punto di vista musicale[3], questa sezione ha la funzione di diversivo, e serve a variare il discorso per non annoiare l’ascoltatore.
Strumentale – DIII – DIII – DIV: Dopo una sezione strumentale viene ripreso il ritornello, che si ripete per tre volte con leggere variazioni della melodia. Il brano conclude con una cadenza sospesa, lasciando all’ascoltatore la sensazione di un discorso lasciato appunto in sospeso, sulle parole “A quest’uomo che va”. Questo, infatti, era solo l’inizio di una storia che si svilupperà man mano nel corso dell’album, dunque è naturale che la canzone finisca così come era cominciata: con il respiro affannato di un uomo in corsa.
[1] A proposito di questo, c’è un simpatico racconto del pianista Walter Savelli, che vale la pena riportare integralmente. La vicenda narra di come avvenne il suo coinvolgimento nel progetto di Oltre che, dopo le registrazioni nello studio di Peter Gabriel, spostò la produzione in Italia, e qui comincia il racconto di Savelli: «A quel punto io ho cominciato a seguire Claudio da vicino, perché ero anche curioso di sentire questo tipo di lavoro, poi ad un certo punto li ho lasciati, perché il disco si stava chiudendo o almeno così sembrava, perché eravamo arrivati vicino alla registrazione delle voci e poi dei missaggi, e quindi io ho salutato tutti. Era luglio, stavano appunto in studio, ho salutato Claudio e ho detto: “Beh, Claudio, allora, il disco è a buon punto, tu devi solo cantare, e quindi ci risentiamo a settembre, ottobre, quando il disco sarà uscito. Non hai bisogno di me?”. E lui dice: “No, no, ti ringrazio”. Ci siamo salutati, ed io vado in vacanza con la famiglia. Sono partito il primo di agosto con la famiglia, sono arrivato al mare, ho disfatto le valigie, sono andato sulla spiaggia. La mattina dopo cercavo di andare nuovamente sulla spiaggia, ma ho ricevuto una telefonata da parte di una persona che mi diceva: “Claudio ha bisogno di te”. Ma, dico: “Scusa, io l’ho visto una settimana fa…”. “Ehm, ha bisogno di te”. Io dico: “Quando?”. “Anche subito”. Ecco, io ho lasciato la famiglia e ho passato tutto il resto del mese di agosto insieme a Claudio per dare una mano a chiudere questo disco, e sono arrivato in un posto in Italia dove stavano finendo il disco. Sono arrivato, e ho pensato: “Adesso mi chiederanno di suonare il pianoforte, o forse di suonare una tastiera, oppure di fare un coro”. Come sono arrivato mi hanno detto: “Aspetta un attimo, perché tu devi correre”. “Ma io sono già arrivato”, gli ho detto, “perché devo correre?”. “No, no, tu devi correre sull’erba”. Dico: “Ma mi state prendendo in giro?”. No, mi stavano organizzando una fila di microfoni perché io avrei dovuto correre, fare dei passi di corsa sull’erba, che sono quelli che si sentono all’inizio del disco, proprio del primo brano, ovvero Dagli il via. Quindi come primo coinvolgimento – io con gli occhi sbarrati, perché non ci volevo credere – ho dovuto correre a tempo, naturalmente, non a caso. Dovevo correre a tempo di musica: avevo un walkman con la cuffia, sentivo un click che mi dava il tempo, e dovevo correre a tempo, che poi era lo stesso tempo sul quale sarebbe poi partito il fill di batteria famoso sul quale parte poi Dagli il via. Quindi, se andate a riascoltare l’originale, sentirete questi passi, e sono io che corro sull’erba, ridendo come un matto naturalmente. C’erano i fonici, che dovevano registrare, e io andavo avanti e indietro come un matto, cercando di andare a tempo, e ho pensato: “Ma io ho lasciato la famiglia, ho lasciato le mie vacanze, per venire a correre sull’erba?”. Va beh, ma quello è stato solo l’inizio, ovviamente, poi c’è tutto il resto» (Walter Savelli, ospite alla trasmissione Retropalco di Radio TiRicordi del 15 dicembre 2010).
[2] Questa la progressione degli accordi: Do (9) – Re(9)/Fa♯ – Si m 7/4 – Mi m.
[3] Tecnicamente questa sezione con funzione di diversivo viene chiamata ponte, e di solito porta nuovamente al ritornello.
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- Prefazione di Roberta Massaro (ClaudioBaglioni.net)
- Introduzione
- La canzone italiana tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta
- Cronologia
- Intervista a Pasquale Minieri
- Musica e parole: lo stile
- Analisi musicale di un capolavoro
- Dagli il via
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