Dov’è dov’è

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Questo brano apre la seconda facciata del secondo disco riprendendo un argomento già affrontato in altre canzoni. Nel corso dell’esposizione narrativa dell’album, infatti, il tema autobiografico legato al proprio mestiere di cantautore era già apparso diverse volte, con sfaccettature sempre diverse. Già in Naso di falco c’era la generica presa di coscienza di avere un sogno, che poi si definisce meglio in Stelle di stelle (“Io sperai di esser tra quelli…”). Il riferimento al mestiere di cantautore compare anche – nella sua espressione più matura – in Acqua dalla luna, e finisce col fare una breve comparsa in Signora delle ore scure (“Il musicista ritrovò / la musica sua sola sposa”). Lo stesso riferimento compare anche in Dov’è dov’è, ma questa volta è visto da un’angolatura ancora diversa, che è quella dell’intrusione dello sguardo pubblico nel vissuto privato dell’artista: il rovescio della medaglia per ciò che riguarda la popolarità ottenuta.

Intro (parlato) : Su una base musicale dal ritmo marcato, in tonalità di Sol maggiore, la voce di Oreste Lionello recita un testo che introduce il tema del pettegolezzo, e che è interamente basato su giochi di parole. Così, alla modernità del 2000, che ha perso la sua Buona Novella[1], resta solo la povertà morale di un periodico scandalistico come Novella 2000, mentre i figlimissili – degni successori dei paparazzi (papà-razzi) – permetteranno di vedere ancora le stelle (dello spettacolo) da vicino.

A : Nella prima strofa, che si sposta in Mi minore[2], il protagonista della canzone viene mostrato intento a nascondersi (“Chi m’ha visto non gli venga in mente…”) da chi vuole mostrare in pubblico le sue vicende private. L’andamento scoppiettante della musica, con la melodia velocissima in semicrome, è dovuto proprio al fatto di voler imitare a livello sonoro una fuga che tanto più è veloce, e meglio è. Il susseguirsi di note velocissime sembra anzi volersi rifare al susseguirsi dei passi veloci nella fuga dai paparazzi. Persino a livello puramente grafico, la figurazione della quartina su cui si basa la strofa dà l’idea del movimento di gambe in corsa:

 

 

A metà strofa viene riproposta la stessa frase musicale, ma in tonalità di La minore. Alla fine di quasi tutti i versi c’è un Aiò che, a detta dello stesso Baglioni durante un’esibizione dal vivo[3], è una sorta di Ahio! doloroso per tutte queste intrusioni nella vita privata. Questa esclamazione di dolore è cantata su note alte, e dunque spiccano sulle note più basse della corsa, distinguendosi nel flusso di note che scorrono veloci.

B : In modo assai singolare, alla fuga dai paparazzi fa seguito un commento canoro interpretato dai genitori di Claudio Baglioni sulla stessa base armonica dell’introduzione (in Sol maggiore, dunque), e si tratta ovviamente di una frase melodica estremamente semplice: “Aveva un nascondiglio e stava lì / per ore nostro figlio”. Le voci di questi due cantanti improvvisati colpiscono immediatamente proprio per il fatto di essere voci normali, e questo richiamo alla quotidianità è esattamente ciò che si vuole comunicare. Il desiderio di essere nascosto al mondo appartiene infatti alla sfera privata, e infatti ecco che proprio qui compare nuovamente la figura infantile di Cucaio, già apparsa in Acqua dalla luna. “Cucaio aiò” è dunque un’eco infantile a cui fare ricorso in un momento di difficoltà.

A – BI : La ripetizione di A ripropone la stessa situazione di curiosità indiscreta, questa volta attraverso i panni di una guardia di finanza, a cui segue BI che propone nuovamente una voce del vissuto quotidiano di Baglioni: quella di un suo ex professore, che infatti canta “disse presente all’appello ma / sembrava un poco assente”.

C : Il ritornello – basato su una progressione armonica[4] – si immedesima nella parte di chi cerca il cantante fuggiasco, domandandosi “dov’è dov’è”, e provando a trovare una risposta alla domanda. A questo punto è inevitabile notare come la canzone sia popolata dai personaggi più svariati: c’è un’umanità intera coinvolta in questa caccia all’artista. Oltre al fuggiasco, vengono tirati in ballo i paparazzi, i genitori dell’artista, la finanza, l’ex professore, e adesso tutta questa moltitudine di personaggi sembra riunire le forze per stanare il fuggitivo, domandandosi dove possa essere.

Ripetizione di A – BI – CI – CII : Le tre parti analizzate fino ad ora si ripetono trattando nuovamente gli stessi temi, con A in cui il fuggiasco manifesta nuovamente il suo desiderio di essere lasciato in pace, B in cui prende voce la domestica di Baglioni (“spesso non c’era e non parlava mai / buongiorno e buonasera”), e la doppia ripetizione di C in cui la folla di persone va all’inseguimento, domandandosi dove sia il suo beniamino.

D– CIII – CIV : Sulla base armonica dell’introduzione, e dunque nuovamente in Sol maggiore, compare una nuova sezione D, in cui si mostrano alcune delle richieste che vengono comunemente fatte all’artista ricercato da tutti, ma in particolar modo dai fan che vogliono sapere ogni cosa di lui. Ecco dunque che l’ammirazione per l’artista finisce con il travalicare quasi nella devozione liturgica (“dacci oggi il nostro disco quotidiano”), mentre l’artista deve sottostare alle richieste dei famigliari (“dai un bacetto a mamma e zia dì la poesia”), delle forze dell’ordine (“dai le generalità”) e persino dei musicisti (“dacci la tonalità”), senza un attimo di tregua. Dopo questa nuova parte musicale, il ritornello si ripete nuovamente per due volte, con il consueto inseguimento che termina stavolta davanti ad un ipotetico giudice: “S’avvicini l’imputato ai banchi”.

AI – Coda : Nella ripetizione delle sole prime quattro battute della strofa l’imputato-artista-fuggiasco nega tutto: “Io non le ho mai detto amore tu mi manchi / io l’ho solamente urlato”. La canzone si conclude dunque con la morbosa curiosità per la vita privata dell’artista che si trasforma in vero e proprio atto di accusa, ed è interessante notare un parallelo con Mille giorni di te e di me, in cui i problemi affettivi vengono ugualmente messi a giudizio: “Tu eri in piedi contro il cielo e io così / dolente mi levai imputato alzatevi”. Nella coda, che riprende musicalmente l’introduzione, Baglioni canta “Aiò aiò / Cucaio aiò / aiò aiò / Baiò Baiò”, come a voler regredire ad una condizione infantile, pur di sfuggire ad ogni accusa.

 


[1] Probabile riferimento all’album “La buona novella” di Fabrizio De André. Il disco, pubblicato nel 1970, era un concept album tratto dalla lettura di alcuni Vangeli apocrifi.

[2] Anche qui, come già visto in altri brani, la tonalità di Mi minore viene usata con la sensibile non alterata, per rendere la tonalità più vaga.

[3] Il concerto a cui ci si riferisce è quello del 3 luglio 1991 allo Stadio Flaminio di Roma, trasmesso in diretta televisiva da Rai Uno.

[4] La progressione attraversa le tonalità di Si minore – Re maggiore – Mi minore – Re maggiore – Si minore. Questo girare intorno alle tonalità sembra rispecchiare il girotondo della “caccia all’artista” in fuga.

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